domenica 1 aprile 2018

I cargo del Lago Amaro

Un francobollo fatto a mano, emesso dal cargo cecoslovacco Lednice

Sai com'è al risveglio: certe volte ti vengono in mente cose strane. Oggi è Pasqua e ieri un amico ebreo americano aveva messo su Facebook la ricetta del piatto tradizionale che aveva preparato per Pèsach, la Pasqua ebraica. Probabilmente è per questo che al risveglio mi sono chiesto come cacchio avesse fatto il popolo ebreo per metterci 40 anni per andare dal Cairo a Gerusalemme.
Mi sono alzato, ho aperto il computer, sono andato su Google Maps e ho visto che il viaggio a piedi da una capitale all'altra è di 728 chilometri. Ho fatto due calcoli, partendo da 40 anni che fanno 14.610 giorni (365 x 40 + 10 giorni degli anni bisestili) e ho scoperto che in media gli ebrei avevano fatto un po' meno di 50 metri al giorno. Il che, dobbiamo ammetterlo, non è un granché.
Poi però, rinfrescando qua e là la mia memoria su vari siti, ho visto che il Faraone biblico è spesso identificato con Ramsete II, che non aveva la sua capitale al Cairo, bensì a Pi-Ramses (“Dimora di Ramsete”), un centinaio di chilometri a nord-est del Cairo. La cosa è interessante non solo perché adesso so che dimora in egiziano antico si diceva pi, che è una cosa che può sempre servire, ma anche perché ho visto che da Pi-Ramses a Gerusalemme i chilometri sono solo 706, il che abbassa ulteriormente la media giornaliero-chilometrica dell'Esodo.
Naturalmente tutti quelli che credono nella Bibbia come in un libro sacro sostengono che i 40 anni sono simbolici, come lo fanno per tutte le cose particolarmente bizzarre e assolutamente indifendibili contenute in quel librone, cose tipo la creazione del mondo in 6 giorni (Gen 1-11), i 950 anni di vita di Mosé (Gen 9, 28-29), la storia di Giacobbe che fa nascere animali striati mostrando ai loro genitori non striati dei rami intagliati a strisce mentre si accoppiano (Gen 30, 37-43), il fatto che la lepre sia un ruminante (!) (Lv 11, 6), o che il Sole giri intorno alla Terra (Gs 10-12), tanto per citare alcune delle più divertenti.
Guardando Google Maps però ho scoperto un'altra cosa: Mosè & Co. non avevano nessuna ragione di passare dal Mar Rosso, visto che anche considerando che sia il Golfo di Suez che quello di Aqaba fanno parte integrante del Mar Rosso, andare fin lì per attraversare sarebbe stato un po' come passare da Genova per andare da Torino a Venezia. Si può sempre fare, ma si allunga.
Anche in questo caso naturalmente ci sono quelli che dicono che Mar Rosso è da prendere simbolicamente e che in realtà Mosè e i suoi hanno attraversato uno dei due Laghi Amari, probabilmente il Grande, visto che pare che il Piccolo ai tempi dei Faraoni fosse privo d'acqua. Lasciando momentaneamente perdere la bizzarria dell'ignoto autore che, probabilmente per ignoranza geografica, aveva deciso contro ogni logica di far passare i suoi antenati da un bacino acquifero, ho continuato a passeggiare su Google Maps e Wikipedia, fino a quando è arrivata una sorpresa. Ho trovato una storia che non conoscevo e che vado immediatamente a raccontarti nel caso non la conoscessi nemmeno tu.
Tutto è incominciato il mattino del 5 giugno 1967, mentre il cargo inglese Agapenor stava attraversando il Canale di Suez in un convoglio che comprendeva in tutto quattordici navi. Ora, se vogliamo essere precisi (cosa che vogliamo sempre essere), il Canale di Suez parte, a sud, dal porto di Suez (cosa in sé assai logica) sale a nord fino al Piccolo Lago Amaro, passa nel Grande, riprende la sua forma canalosa (aggettivo da preferire sempre a canaliana, canalese e soprattutto canalotica), passa dal Lago Timsah e fila diritto verso nord fino a Porto Said.
Verso le 9 del mattino del 5 giugno 1967, l'Agapenor era da qualche parte nel Grande Lago Amaro quando improvvisamente i marinai hanno visto uno stormo di caccia israeliani che volavano a bassa quota verso ovest e poco dopo hanno sentito dei grossi boati. Un paio d'ore prima, il comandante era stato informato dell'inizio di quella che sarebbe diventata la Guerra dei Sei Giorni, quindi non si stupì. Quello era l'attacco preventivo degli israeliani, preventivo come tutti glmi attacchi di tutti quelli che alla fine vincono la guerra. Il comandante decise però di gettare l'ancora al centro del lago, il che gli sembrava molto meno rischioso che continuare lungo il canale. I comandanti degli altri tredici cargo fecero la stessa cosa. Saggia decisione.
Senonché gli egiziani decisero rapidamente di chiudere il canale, sia a nord che a sud, facendo affondare due navi che avevano lì e delle quali probabilmente non avevano gran bisogno e, già che c'erano, distruggendo pure un ponte. E le 14 navi, che, detto per inciso, battevano bandiera inglese (4), tedesca, svedese, polacca, (2 ciascuna), bulgara, statunitense, cecoslovacca e francese (1 ciascuna), restarono bloccate… per otto anni.
In realtà nessun membro di nessun equipaggio fu costretto a passare otto anni in mezzo a un lago amaro in pieno deserto. Dopo i primi tre mesi tutti furono sostituiti da equipaggi più ridotti, che a loro volta furono poi sostituiti ogni tre mesi. Però, nonostante questo alternarsi di persone diverse, incominciò rapidamente a formarsi una strana ed eterogenea comunità. Le navi dovevano essere mantenute in buono stato e ogni tanto i comandanti ordinavano di accendere i motori e di fare un giretto nel lago, senza però avvicinarsi troppo alle rive, visto che da una parte c'era l'esercito egiziano e dall'altra quello israeliano, entrambi piuttosto nervosetti.
I marinai passavano il tempo come potevano, facendosi trainare su una tavola da surf dalle scialuppe di salvataggio, approfittando della piscina della nave svedese Killara, del piccolo cinema della bulgara Vasil Levski, del vasto ponte dell'inglese Port Invercargill per dei tornei di calcio e perfino di una sala della tedesca Norwind per le messe domenicali.
Nell'ottobre del '67 gli equipaggi, riuniti a bordo della svedese Melampus, fondarono la GBLA, la Great Bitter Lake Association, che l'anno successivo organizzò i Giochi Olimpici di Bitter Lake proprio mentre a Città del Messico si svolgevano gli altri. Quelli di Bitter Lake comprendevano tra l'altro prove di vela, tuffi, corsa a piedi, salto in alto e tiro a segno, oltre ai tornei di calcio e di pallanuoto. I giochi furono sponsorizzati dal Daily Express londinese e il medagliere vide vincitori i polacchi, seguiti dai tedeschi e dagli inglesi.
Nessuno ricorda esattamente quale nave emise i primi francobolli fatti a mano, ma ciò che è sicuro è che il governo egiziano li riconobbe come emissioni ufficiali e che oggi quei francobolli sono molto ricercati sul mercato filatelico.
Altra certezza: qualora dei futuri archeologhi (o se preferisci archeologi, per me è lo stesso) dovessero scavare un giorno sul fondo di quello che oggi è il Lago Amaro, sarebbero probabilmente sorpresi dal ritrovamento, bottiglia più, bottiglia meno, di circa un milione e mezzo di bottiglie di birra, più un numero imprecisato di bottiglie di vino, tutte rigorosamente svuotate in otto anni dagli equipaggi britannico-statunitenso-cecoslovacco-tedesco-franco-polacco-bulgaro-svedesi. La stima del numero di bottiglie la dobbiamo a tale Arthur Kensett, comandante della Port Invercargill a partire dal 1969, che ringraziamo vivamente anche se, visto che se di mestiere faceva il comandante di cargo trentanove anni fa, oggi ha buone probabilità di trovarsi sotto terra.
Nel corso degli otto anni dal '67 al '75, tremila uomini si sono avvicendati sulle 14 navi, alle quali ne va peraltro aggiunta una quindicesima, la statunitense Observer, isolata sul vicino Lago Timsah. Nel 1969 tutti gli equipaggi furono drasticamente ridotti e i membri della GBLA passarono da 200 a 50 tra giugno e dicembre. Il canale fu finalmente riaperto nel 1975.
Il libro Stranded In The Six-Day War, di Cath Senker, che racconta tutta la storia, è diponibile su Amazon.uk per la modica somma di 11,99£ e se credi che io non me lo compri ti sbagli di grosso. Non subito però; prima vado a farmi un buon caffè.