lunedì 31 dicembre 2012

Mi sono letto l'Agenda Monti

Mi sono letto l'Agenda Monti. Per curiosità. Perché i giornali ne parlano, o ne hanno parlato molto, ma senza entrare nei dettagli.
Prima sorpresa: ho avuto l'impressione di capire quel che c'era scritto. Non sarà granché, ma è già qualcosa.
Tra le cose che ho capito, o, se vogliamo restare più modesti, che mi è sembrato di capire, c'è il fatto che “il Professore”, sforzandosi di rendere le sue parole comprensibili, abbia voluto dare prova di un certo rispetto verso i cittadini, fatto di per sé degno di nota nel panorama politico italiano.
Ho capito anche che una buona parte del testo si applica a non affrontare solo problemi economico-finanziari, ma anche culturali. Non parlo di cultura nel senso di patrimonio culturale, né di creazione artistica (assente dall'agenda), ma di cultura politica, ovvero di quella cosa che forse fa più danni a livello nazionale.
Ho trovato un linguaggio pacato e concreto, privo di anatemi e isterie, che non sempre diceva cose alle quali mi sento di aderire, ma che almeno le diceva su un tono che lasciava spazio alla discussione e alla contraddizione. Un linguaggio soprattutto privo di arroganza e libero dal vizio, tipico dei politici italiani, di proclamare pseudo-verità con la delicatezza di un fucile d'assalto in vendita in un'armeria del Kentucky.
Sono “montiano”? No, non lo sono. Ma proprio questo è il punto: il testo di Monti è interessante (che l'abbia scritto lui o Ichino, o qualcun altro, poco importa) perché non sembra essere alla ricerca di un'adesione ideologica, ma di un'eventuale adesione a un programma.
Io vivo in un comune di 13.000 anime in totale dissesto economico. Dieci anni di gestione PD hanno creato debiti per una decina di milioni di euro. Alle ultime elezioni è ancora il PD che ha vinto, dopo aver “scomunicato” un certo numero di membri che avevano dato vita a una lista alternativa (per la quale ho votato). Poco prima delle elezioni, al bar, ho sentito dei pensionati che dicevano: “Io voto per il Partito perché ho sempre votato per il Partito”. E infatti il Partito, quello stesso che ha creato il dissesto che ora pagheremo per anni, ha ancora la maggioranza.Perché molti di quelli che avevano sempre votato per il Partito lo hanno votato un'altra volta.
In questi giorni Bersani, candidato di quello stesso Partito, che continuo a scrivere con la P maiuscola come lo faccio con la Madonna (non solo quella che canta, anche l'altra), insiste perché Monti “faccia chiarezza” e “si posizioni”. Ovvero, di fronte a un programma scritto, quel che manca a Bersani è sapere se Monti “si posiziona” a destra o a sinistra. Ma non può leggersi l'Agenda? Il fatto che Monti si schieri con l'una o l'altra parte è davvero una pregiudiziale indispensabile? E indispensabile a che cosa? Alla possibilità di un'eventuale alleanza post-elettorale con una o l'altra delle due parti che, avendoci governato negli ultimi 70 anni, ci hanno portato al disastro attuale? Questa concezione della politica mi pare a dir poco arcaica, controproducente, assolutamente arrogante e distante dalle preoccupazioni dei cittadini almeno quanto Trento lo è da Palermo, o Monteserrat Caballé da Kate Moss.
L'Italia è un paese in crisi, su questo siamo tutti d'accordo, ma di che crisi si stratta? Crisi economica o crisi culturale? Qual è il maggior danno da riparare dopo il lungo periodo berlusconiano, ma anche, se vogliamo guardare un po' più in là, dopo il quarantennio democristiano e il particolarmente infausto quadriennio craxiano? A mio modesto avviso, quel danno è innanzitutto culturale: cultura del potere lontano dal popolo, cultura della casta, cultura di nani e ballerine, cultura della diffidenza verso lo Stato, cultura del qualunquismo, cultura dell'assenza di vere ambizioni collettive, cultura della burocrazia.
Monti, dal quale, insisto, un oceano di convinzioni mi separa, è comunque qualcuno che ha parlato degli evasori fiscali come di gente che ruba nelle tasche degli altri, qualcuno che dimostra di essere al di fuori della casta e di rifiutarne i comportamenti, qualcuno che sembra voler affrontare quei problemi culturali che sono la spina dorsale della distanza della gente dallo Stato. Vogliamo continuare a ripeterci, come una nenia auto-consolatrice, che saranno politici come Bersani e Rosy Bindi ad essere in grado di farci cambiare rotta? Oppure pensiamo davvero che una risposta ai problemi attuali possa portarcela su un vassoio d'argento Beppe Grillo, o che davvero la soluzione sia un Nichi Vendola che non potrà mai essere altro che un partner minoritario?
Ciò che finisce per farmi provare una certa simpatia per Monti è un po' la stessa cosa che aveva finito un paio di mesi fa per farmi provare nonostante tutto una certa simpatia per Renzi: la boria e l'aggessività di quella classe politica imperante e fallimentare che si sente improvvisamente messa in pericolo da un modo di fare diverso.
Ora, io credo che ciò di cui abbiamo più profondamente e urgentemente bisogno sia proprio un modo di fare diverso. Magari poi scopriremo che anche quel modo di fare non riuscirà a riportarci a galla. Ma di fronte alla certezza che il vecchio modo di fare non farà che riprodurre all'infinito moduli comportamentali disastrosi non vale forse la pena di correre qualche rischio?
Vorrei aggiungere un piccolo appunto. Quando, quattro anni e mezzo fa, sono tornato a vivere in Italia dopo 35 anni di Francia, due sono le cose che più mi hanno colpito alla lettura quotidiana dei giornali: l'impressione che per i politici nazionali sia normale sostenere sempre che se uno dice una cosa lo fa perché in realtà ne pensa un'altra e la necessità viscerale di fare di qualsiasi piccola dichiarazione politica, meglio se faziosa, un avvenimento importante e “estremamente grave”. La politica e la stampa italiane sembrano vivere in continua agitazione, nuotando in mari di adrenalina e testosterone, senza nemmeno prendere in considerazione la possibilità di un modo più pacato, ragionevole, rispettoso e magari elegante di vivere insieme. I politici italiani mi sembrano afflitti da un disarmante infantilismo. Sembrano bambini che litigano per le caramelle, straccivendoli che cercano ogni motivo per prendersi a botte, ultras da stadio, con in più un tale livello di autocompiacimento da far ingelosire un imperatore cinese del XIV secolo. Non so se guardandosi allo specchio al mattino mentre si lavano i denti si ripetano venti volte “Ho ragione io! Ho ragione io! Ho ragione io!”, ma quella è senz'altro l'impressione che danno. E il danno è immenso.

domenica 23 dicembre 2012

È natale! (alleluia)

Tu scendi dalle stelle, ecc. ecc.
Ariecco Natale. Radio e televisioni trasudano buonismo, i commercianti già preparano il loro discorso post-natalizio per lamentarsi di aver guadagnato troppo poco, le famiglie fanno sforzi sovrumani per superare unite lo scoglio del cenone, i bambini non ce la fanno quasi più ad aspettare il nuovo telefonino (o computer, o iPad, o piattaforma multimediale che sia).
In un paio di giorni saranno probabilmente scattate più foto di quante non ne siano state scattate dall'invenzione di Niépce alle dimissioni di Monti. Un'orgia di foto, una marea, una galassia. Numeri da capogiro, molto più vicini al googol (che se avessi studiato sapresti essere il numero composto da un 1 seguito da cento 0) che al miserabile trilione (18 patetici 0).
Vabbé, forse esagero, però sta di fatto che il 99% di quelle foto andranno perse tra 1 o 10 anni, in particolare perché non saranno mai state stampate su carta.
Per fortuna esiste il passato, esiste quel periodo che va dal 1827 (data di nascita della fotografia) alla metà degli anni 2000, quando la fotografia si è trasformata in addizione collettiva (addizione nel senso delle droghe, ovviamente). In quel poco meno di due secoli le foto venivano stampate e rimanevano a perenne testimonianza del passato.
È così che disponiamo oggi di emozionanti immagini natalizie .
Prima di tutto, i bambini:

bambini buoni,

bambini a cui piacciono le bambole, 

bambini che è meglio abituare fin da piccoli, 

 bambini trasformati in abeti viventi

e bambini che hanno trovato il vero Babbo Natale.

Poi le famiglie:

quelle gioiose,

 quelle di serial killer,

 
 quelle sexy,

   
quelle spiritose,

    
quelle creative,

   
quelle col papà che di mestiere fa il contorsonista, 

 
quelle disinibite. 

Poi i parenti:
 
Yolanda, la cugina di Voghera che viene sempre a trovarci per Natale,

quella burlona di Samantah, (l'altra cugina)
che ne inventa sempre una,

 
e infine Gualtiero, detto il Molletta, 
che non si è mai sposato ma si fa le foto con l'autoscatto.

Buon suicidio a tutti.



sabato 15 dicembre 2012

Parole di odio

 
Benedetto XIV e Rebecca Kadaga

I "tentativi" di rendere il matrimonio "fra un uomo e una donna" "giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione" sono "un'offesa contro la verità della persona umana" e "una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace", sostiene il Papa” (Repubblica, 15 dic. 2012).

Poffarbacco: ecco gli omosessuali diventati guerrafondai. Da qui a dedurre che gli etero sono pacifisti c'è un capello. Oppure una colossale minchiata, a scelta.
Io sono profondamente, immutabilmente, convincentemente e irremediabilmente etero. Non è un vanto, è un dato di fatto. Io sono così e altri sono cosà. Sono anche vegetariano, calvo, marionettista e barbuto, tutte cose che probabilmente mi definiscono almeno quanto la mia eterosessualità che, se permettete, riguarda solo me e chi con me ha spartito almeno qualche goccia di sudore e altri liquidi corporei. Classificarmi come (solo) eterosessuale è stupido quando classificarmi come (solo) vegetariano, calvo, marionettista, o barbuto.
Come tutti, sono un essere piuttosto complesso, almeno dal punto di vista dell'ingegneria genetica, e magari un po' più complesso di altri da quello delle pippe mentali, però a me va bene così. Se uno mi venisse a dire che do fastidio alla pace nel mondo perché non mangio la carne o perché non mi rado la barba credo che esiterei tra una risata e una giratina di testicoli. Se poi quel qualcuno venisse a impormi di non avere gli stessi diritti di scegliermi un compagno o una compagna di vita perché sono calvo, allora opterei nettamente per la giratina di testicoli.
Oltre a essere eterosessuale, vegetariano, calvo, marionettista, e barbuto, sono anche un noto rompiballe che ha grosse difficoltà ad accettare che autorità morali, e non solo, di ogni tipo e genere approfittino vigliaccamente del loro status per sparare idiozie e mostruosità in grado di soddisfare il loro sentimento di importanza. Cosa, questa, che Ratzinger fa spesso. Molto spesso.
Sono nato e cresciuto negli anni 50 e 60. Gli omosessuali, a quei tempi, era normale chiamarli culattoni, checche, froci e invertiti. La mia generazione è venuta su così. Ma non è che perché uno viene su così deve poi rinunciare del tutto a far funzionare quel po' di materia grigia che si ritrova dentro il cranio. Anche se poi diventa Papa, no?...
Molte cose vanno contro la pace nel mondo: in particolare l'intolleranza, l'odio, l'incapacità ad accettare che altri possano essere diversi, abbiano idee e comportamenti diversi, che esistano altre ragioni valide quanto le nostre, che altri siano“giusti” quanto noi anche se non ci assomigliano, che siano “buoni” quanto noi anche se si comportano in modo diverso.
Tutte queste cose si nutrono di molte stupidità di varia estrazione, tra le quali la religione occupa un posto di prima fila. La religione, non appena cessa di essere un rapporto personale e intimo tra se stessi e il cosmo nel suo insieme, non appena diventa istituzione basata su dogmi, divieti e anatemi, è uno dei cancri principali della condizione umana. Ci sono state nella storia dell'umanità talmente tante guerre “di religione” che ci sarebbe da rotolarsi per terra dalle risa davanti alle parole del Papa se la cosa non fosse tragica.
Ma è anche insopportabile. Basta! Che taccia! Che tacciano tutti quegli immondi venditori di pseudo-morale adulati e riveriti come superuomini, che ci avvelenano l'esistenza col loro odio e la loro incapacità ad amare. Noi, uomini di pace, ne abbiamo abbastanza delle loro insopportabili prese di posizione. Vogliono credere che Dio esiste? Per me va benissimo, che problema c'è? Basta che non mi vengano a rompere le palle cercando di convincere anche me, o, peggio, dicendomi cosa posso e devo fare o non fare.
Ma si sono mai chiesti, questi signori, quanto possano apparire ridicoli agli occhi di un ateo? Hanno mai cercato di rendersi conto degli sforzi che un ateo deve fare per accettare di prendere sul serio le loro fesserie? Noi atei passiamo il tempo a sforzarci di rispettare gente che crede che Dio si sia incarnato attraverso la vagina di una vergine che è poi salita anima e corpo in cielo. Ma non si rendono conto, questi signori, della fatica che facciamo? Perché, diciamoci la verità, certe volte la voglia è grande di mandarli tutti a quel paese, di chiudere bottega e di smetterla di prenderli sul serio. Eppure no, siamo sempre lì a fare sforzi, perché non vogliamo essere come loro, perché vogliamo saper accettare anche quello che non capiamo, anche quei loro abissi di stupidità.
Ma poi ci sono delle volte in cui davvero non se ne può più. Signor Papa, ma un minimo di rispetto per l'intelligenza altrui non può proprio cercare di averlo? E che cacchio!

Appena finito di scrivere questo post scopro un'altra informazione che mi fa rabbrividire: il giorno prima delle sue insopportabili dichiarazioni sull'omosessualità, il Papa aveva ricevuto e benedetto la Signora Rebecca Kadaga, presidente del parlamento ugandese. Questa Signora ha dichiarato un mese fa che una nuova legge contro l'omosessualità sarebbe stata approvata nel suo paese entro Natale, anzi ha detto che sarebbe stato un “regalo di Natale”. Cosa prevede questa legge? La prigione a vita per omosessualità e la morte per “omosessualità aggravata”. 
In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.

Il diritto di detenere e portare armi

Solo negli ultimi 20 anni:
  • 8 gennaio 1993: Juan Luna e James Degorski massacrano 7 persone in un ristorante a Palatine, Illinois;
  • 1 luglio 1993: Gian Luigi Ferri, 55 anni, massacra 9 persone e ne ferisce 6 in un ufficio di San Francisco;
  • 19 aprile 1993: 76 uomini, donne e bambini  sono bruciati vivi nel massacro della setta dei Davidiani a Waco, Texas;
  • 19 aprile 1995: Timothy McVeigh, 27 anni, massacra 168 persone e ne ferisce 680 facendo saltare per aria un edificio federale di Oklahoma City, Oklahoma;
  • 24 marzo 1998: Mitchell Johnson, 13 anni, e Andrew Golden, 11 anni, massacrano 5 persone e ne feriscono 10 in una scuola di Jonesboro, Arkansas;
  • 20/21 maggio 1998: Kip Kinkel, 15 anni, massacra i genitori, poi 2 studenti della sua scuola a Sprinfield, Oregon, e ne ferisce 22;
  • 20 aprile 1999: Eric Harris e Dylan Klebold, entrambi diciottenni, massacrano 12 studenti e un insegnante alla scuola di Columbine, Colorado;
  • 24 maggio 2000: John Taylor, 36 anni, massacra 5 persone e ne ferisce 2 in un fast food del Queens, New York;
  • 8/14 novembre 2000: Reginald e Jonathan Carr, 22 e 20 anni, massacrano 5 persone e ne feriscono una nelle strade di Wichita, Kansas;
  • 26 dicembre 2000: Michael "Mucko" McDermott, 42 anni, massacra sei colleghi di lavoro a Wakefield, Massachusetts;
  • 21 marzo 2005: Jeffrey Weise, 16 anni, massacra il nonno, la compagna del nonno e poi 7 altre persone e ne ferisce 5 a Red Lake, Minnesota;
  • 25 marzo 2006: Aaron Huff, 28 anni, massacra sei persone e ne ferisce due nelle strade di Washington;
  • 2 ottobre 2006: Charles Carl Robert IV, 33 anni, massacra 5 studentesse e ferisce altre 5 persone in una scuola di Nickel Mines, Pennsylvania;
  • 16 aprile 2007: Seung-Hui Cho, 33 anni, massacra 32 persone e ne ferisce 17 all'Istituto Politecnico di Blacksburn, Virginia;
  • 7 ottobre 2007: Tyler Peterson, 20 anni, massacra 6 persone e ne ferisce una durante una festa privata a Crandon, Wisconsin;
  • 5 dicembre 2007: Robert A. Hawkins, 19 anni, massacra 8 persone e ne ferisce 4 in un centro commerciale a Omaha, Nebraska;
  • 14 febbraio 2008: Steven Kazmierczak, 27 anni, massacra 5 persone e ne ferisce 21 in un'università di DeKalb, Illinois;
  • 5 novembre 2009: Nidal Malik Hasan, soldato trentasettenne, massacra 13 persone e ne ferisce 29 a Fort Hood, Texas;
  • 8 gennaio 2011: Jared Lee Loughner, 23 anni, massacra 6 persone e ne ferisce 12 a Casas Adobes, Arizona;
  • 7 luglio 2011: Rodrick Shonte Dantzler, 34 anni, massacra 7 persone e ne ferisce due in due case a Grand Rapids, Michigan;
  • 5 ottobre 2011: Shareef Allman, massacra 4 persone e ne ferisce 6 in una fabbrica di Cupertino, California;
  • 12 ottobre 2011: Scott Evan Dekraai, 41 anni, massacra 8 persone e ne ferisce una da un parrucchiere di Seal Beach, California;
  • 2 aprile 2012: One L. Goh, 43 anni, massacra 7 persone e ne ferisce 3 in un college di Oakland, California;
  • 30 maggio 2012: Ian Stawicki, di cui non ho trovato l'età, massacra 4 clienti di un caffé, ne ferisce il padrone, poi, poco dopo, uccide ancora una donna in un parcheggio a Seattle, Washington;
  • 20 luglio 2012: James Eagan Holmes, 25 anni, massacra 12 persone e ne ferisce 58 in un cinema di Aurora, Colorado;
  • 5 agosto 2012: Wade Michael Page, 41 anni, massacra 6 persone e ne ferisce 4 in un tempio sikh di Oak Creek, Wisconsin;
  • 14 dicembre 2012: Ryan Lanza, 24 anni, massacra 20 bambini e sei adulti in una scuola di Newton, Connecticut.
Secondo stime ufficiali, si calcola che ci siano tra 270 e 300 milioni di armi in circolazione negli Stati Uniti per una popolazione di 314 milioni, escludendo quelle in dotazione all'esercito e alle forze di pubblica sicurezza, ovvero 88,8 armi ogni cento abitanti (uomini, donne e bambini).

La NRA (National Rifle Association) conta 4 milioni e 300.000 membri.

Il secondo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, redatto da James Madison e adottato dal Congresso nel 1791, stabilisce che "essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto".

Mike Huckabee, ex-governatore dell'Arkansas, pastore battista ed editorialista di Fox News, ha dichiarato ieri: “Il problema non è la criminalità, non sono le armi e nemmeno la violenza. Il problema è il peccato. Visto che abbiamo cacciato Dio dalle scuole, dalle comunità, dalle conversazioni pubbliche e private, non dovremmo essere così sorpresi quando si scatena l'inferno”.

mercoledì 12 dicembre 2012

Vietato essere negativi


Oleg Mikheev è un grande uomo. E infatti è deputato della Duma, il parlamento russo, per l'ossimorico partito Russia Giusta.
Oleg Mikheev è un uomo di idee. Di grandi idee. L'ultima, la più grande, la più bella, la più luminosa ce l'ha avuta ieri: imporre a giornali e televisioni che le notizie “negative” al loro interno non superino la barriera del 30%, in modo da “proteggere la psiche della popolazione”. Forse nemmeno Ubu, in tutta la sua sconfinata saggezza patafisica, era mai giunto a un tale livello di illuminazione.
Non si dovrebbe più trattare per i giornalisti di informare obiettivamente piuttosto che in maniera partigiana, ma, assai più nobilmente, di farlo “positivamente” piuttosto che in maniera negativa, almeno per i due terzi.
Vediamo come potrebbero (dovrebbero) andare le cose prendendo come spunto il giornale di oggi.
Titolo: Grillo: fuori chi mi critica – La base: sei come il Duce potrebbe diventare Grillo: dentro chi mi vuol bene – La base: complimenti per la bonifica dell'Agro Pontino.
Titolo: L'altolà di Berlino al Cavaliere: “No a campagne anti-tedesche” potrebbe diventare L'incoraggiamento di Berlino al Cavaliere: “Sì a campagne pro-italiane”.
Titolo: L'ultimatum di Maroni al Cavaliere: “Se corri tu, nessuna alleanza” potrebbe diventare L'invito di Maroni al Cavaliere: “Se vuoi fare un riposino noi siamo con te”.
Titolo: Vendola a Bersani: con Casini non governo potrebbe diventare Vendola a Bersani: per un governo senza casino.
Titolo: Tangenti sugli appalti, blitz al ministero potrebbe diventare Contenti di far salti, tutti al monastero.
Titolo: Una notte di scontri e arresti: le due anime dell'Egitto invadono le vie del Cairo potrebbe diventare Una notte di incontri e passeggiate: le due anime dell'Egitto riempiono le vie del Cairo.
Titolo: Lombardia, nel caos 700mila pendolari potrebbe diventare Nuove opportunità di jogging in Lombardia.
Titolo: Italiani e salute, più obesi e diabetici potrebbe diventare Italiani e salute, diminuiscono i magri e anche i consumi di zucchero.
Titolo: Operaio perde un piede potrebbe diventare Operaio saltella sul piede sinistro.
Titolo: Ecco il primo tweet del Papa: “Amici, vi benedico di cuore” potrebbe diventare Giornata di silenzio per il Papa.
Titolo: Avellino: 4 detenuti evadono dal carcere potrebbe diventare Avellino: 147 detenuti sempre in cella.
Titolo: Crollano le compravendite di case, dimezzate le richieste di mutui potrebbe diventare Gli italiani sempre più contenti della loro casa.
Titolo: Benzinai in sciopero potrebbe diventare Panettieri in piena attività.
Titolo: Strauss Khan, accordo con assegno potrebbe diventare Cameriera newyorkese diventa ricca.
Titolo: L'election day minaccia Sanremo potrebbe diventare Sanremo inghiottita da un'onda anomala.
Titolo: Berlusconi perde pezzi potrebbe diventare Berlusconi si fa in quattro.
Titolo: La Corea del Nord lancia missile a lunga gittata potrebbe diventare La Corea del Nord sperimenta fuochi artificiali di grandi dimensioni.
Titolo: Meeting di CL, truffa sui fondi potrebbe diventare Meeting di CL, frutta e girotondi.
Titolo: Ruby : sono in Messico, torno in Italia a gennaio potrebbe diventare Silvio, Lele, Emilio e Flavio: siamo nel Malawi, non torneremo più.

Naturalmente l'esercizio può essere portato avanti da chiunque con un minimo di buona volontà. L'importante, si sa, non è credere ciò che si legge, ma leggere ciò che si crede. Almeno per Oleg Mikheev.

domenica 9 dicembre 2012

Mercy non c'è più

Mercy
 
Me ne andavo tranquillamente a zonzo sulle pagine web dei miei quotidiani preferiti quando improvvisamente dal sito americano dell'Huffington Post, WHAM!, come una bomba in un giorno di tregua, come uno tsunami in un giorno di vacanza, come un pugno nello stomaco mentre si beve tranquillamente un caffé, ecco la notizia-bomba: Morte del gatto di Kim Kardashian, Mercy: il micino della star dei reality soccombe a un “virus simile al cancro”.
Ma no! No! Nooooo! Non avete capito niente: la notizia non è che c'è in giro un “virus simile al cancro”, la notizia è che Mercy è morto.
Si sa, davanti al dolore ci si aggrappa qualche volta alla cultura. Mi è subito venuta in mente la famosa battuta di Agnese ad Arnolfo nel secondo atto della Scuola delle mogli di Molière, le petit chat est mort, diventata di uso comune in Francia quando si allude alla perdita dell'illibatezza da parte di una giovinetta. Ma, ahimé, scendendo più giù nella pagina del quotidiano, mi è apparsa la foto di una ragazza modello Olgettina, una il cui petit chat mi ha tutta l'aria di essere mort da un bel po', ma con in braccio un bianco, tenero e innocente felis silvestris catus, innegabilmente appartenente alla sottofamiglia felina della famiglia felide.
Mi sono allora chiesto: ma cos'avrà mai fatto questa Kim Kardashian, il cui nome non mi è del tutto nuovo, per comparirmi ogni tanto davanti agli occhi dalle pagine di un quotidiano? Ho trovato la risposta. E la risposta è: niente.
Wikipedia definisce Kim Kardashian innanzitutto come una socialite, ovvero una che fa vita mondana, il che, a mia conoscenza, non è nemmeno cosa che ti dia diritto alla mutua, o alla pensione. Non è tutto, naturalmente: Kim è anche star di reality show, modella e attrice occasionale. Di fatto la sua (pare) grande notorietà le viene dal reality Al passo con i Kardashian, che è una roba, come dire?, nella quale Kim e le sue due sorelle fanno entrare le telecamere nella loro vita privata. Un vero sogno per tutti noi. La settima stagione della trasmissione è già andata in onda negli USA.
Non solo, ma il successo è stato tale che altre due trasmissioni sono nate nel frattempo: Kourtney e Kim prendono New York e Kourtney e Kim prendono Miami. In preparazione le dodici puntate di Kourtney e Kim prendono per il culo il resto del mondo, ma chissenefrega.
Perché non so queste cose senza bisogno di cercare su Wikipedia. Perché?
Perché la mia ignoranza è così abissale? Perché?
Sono davvero così disadattato, asociale, isolato e semplicemente ignorante?
Cosa penserebbero babbo e mamma se fossero ancora tra di noi? Accetterebbero di parlarmi nonostante tutto?
E i miei figli? Con che diritto posso ancora osare rivolgermi a loro?
Non sapevo chi fosse Kim Kardashian. Non sapevo che avesse due sorelle che si chiamano Kourtney e Khloé (con l'h dopo la k e il segnetto diacritico dell'accento acuto sulla e). E soprattutto non sapevo che avesse un micino di nome Mercy che adesso è morto di un “virus simile al cancro”!
Il peloso quadrupede persiano, pensate!, le era stato regalato pochi mesi fa dal suo fidanzato Kanye West. E qui, subito dramma: Kim si è accorta di essere allergica ai gatti. No! No! Noooo! 32 anni e non sapeva ancora di essere allergica ai gatti!
Allergica, ma dal cuore grande come il caveau di una banca, la bella armena aveva subito affidato Mercy (è lei che aveva trovato questo bellissimo nome) alla segretaria di sua sorella, Sidney Hitchock, che aveva appena patito il dolore della perdita del suo felis silvestris catus, un dodicenne di estrazione proletaria del quale l'Huffington Post tace il nome.
L'aveva affidato a Sidney Hitchock, sì, ma aveva continuato ad amarlo, tant'è vero che nel suo blog del 7 dicembre, Kim scrive testualmente: “È con grande tristezza che devo dire a tutti voi che il mio gattino, Mercy, ci ha lasciato. (…) Ho il cuore spezzato. Mercy era un gentile e adorabile gattino che ci mancherà tanto. Grazie a Sidney per aver riempito d'amore la breve vita di Mercy”.
Sì: grazie, Sidney, dal più profondo dei nostri cuori spezzati. Ma cos'è successo per davvero, e come è successo? L'Huffington Post ha indagato. Mercy sembrava in forma smagliante. Poi, il 26 novembre, non si sa precisamnet a che ora, il boyfriend di Sidney, di cui non si sa il nome (e questo, mi si permetta di dirlo, non è normale) ha chiamato Kim dicendole che il gattino era immobile e non sembrava avere alcuna reazione. Però respirava. Kim si è precipitata. Rischiando una crisi di allergia non ha esitato a ordinare al suo autista di correre a sirene spiegate (magari questi hanno anche le sirene sulle limousine, chissà?...) alla clinica veterinaria dove ha rapidamente dovuto affrontare la terribile diagnosi (sic): un virus fatale, che agisce come il cancro, aveva attaccato lo stomaco di Mercy. Nonostante l'immediata messa in atto di un trattamento aggressivo (re-sic), Sidney Hitchock ha finito per autorizzare l'eutanasia.
Se non pensate che questa sia roba grossa, permettetemi di dirvi che siete degli ignobili puzzoni senza cuore.

venerdì 9 novembre 2012

Tutta la verità su Obama

…E quindi Obama è stato rieletto.
Ma hanno proprio fatto bene, gli americani? Non è che questo Barak sia un tipo pericoloso?
Il bimestrale Mother Jones, rivista decisamente “di sinistra” (anche se l'espressione va sempre messa tra virgolette quando si parla del paese di Benjamin Franklin e Tiger Woods), ha fatto una lista delle principali accuse mosse negli ultimi anni al primo presidente nero della storia. Ecco le principali:
Obama, in segreto, è musulmano. Quest'accusa è forse la più vecchia, poiché è sbucata dopo il discorso che Obama fece alla convention democratica del 2004. Il principale propagatore è stato Avi Lipkin, alias Victor Mordecai, giornalista ultraconservatore israelo-americano.
Obama vuol fare immigrare verso gli Stati Uniti cento milioni di musulmani. Anche questa “notizia” viene da Lipkin.
Obama ha aiutato i mujaheddin afghani. È il simpatico pastore di Harlem James David Manning che ha sostenuto che Obama è stato agente della CIA e che come tale ha dato soldi a quei Mujaheddin che sono poi diventati fedeli di Osama Bin Laden. È lo stesso pastore che aveva definito la madre di Obama “spazzatura bianca” perché aveva avuto un figlio da un nero fuori dal matrimonio. È lo stesso (non ancora) pastore che ha fatto tre anni e mezzo di prigione per rapina, furto con scasso, possesso d'armi e altre bazzeccole, quisquilie e pinzillacchere.
Obama è una marionetta nelle mani della Fratellanza Musulmana, che è il più influente organismo politico di opposizione in numerosi paesi arabi. Questa fine analisi la dobbiamo a Franklin Graham, figlio del televangelista Billy che fu, tra l'altro, ottimo amico di Richard Nixon.
Obama ha ridecorato l'ufficio ovale in stile mediorientale, come l'abbiamo tutti notato da quattro anni a questa parte in tutti i video e foto ufficiali. Chi non ricorda Mario Monti attaccato alla canna del narghilé mentre Michelle Obama gli fa la danza del ventre?
Obama ha sposato un pakistano, probabilmente perché una pakistana sarebbe stato un po' poco. Grazie a Jerome Corsi per questa strabiliante ma interessante notizia. Ricordiamo che lo stesso Corsi aveva definito Martin Luther King un “artista del ricatto”.
La fede che Obama porta al dito ha un'iscrizione all'interno: “Non c'è Dio al di fuori di Allah”. Non si sa bene chi abbia lanciato questa voce, che però ha circolato a lungo e continua a circolare su internet.
Obama è pagato da un principe saudita. Grazie ancora a Jerome Corsi per questa importante rivelazione, corroborata dal fatto che il buon Barack ha fatto un inchino davanti ad Abd Allah, sultano dell'Arabia saudita, e che non l'ha certo fatto per educazione.
Obama è nato in Kenya. L'accusa può sembrare stravagante se si ignora che la costituzione americana stabilisce che il presidente deve essere nato americano. Da questa accusa ne derivano altre due: Obama ha falsificato il suo certificato di nascita e, un pochino più grave, anche se nettamente più divertente, Obama ha ammazzato la nonna, alle Hawai, perché la povera donna sapeva la verità.
Obama ha perso la cittadinanza americana durante gli anni d'infanzia passati in Indonesia. Corsi, sei un grande!
Obama ha fatto parte del movimento dei Black Panthers. La “prova” è questa foto dei primi anni '70 nella quale un'anonima photoshoppatina ha sostituito il volto di Huey Newton, uno dei fondatori dei Black Panthers, con una del giovane Barak.


(credo che sia uno dei link più lunghi della storia dei link).
Obama è il figlio di Malcolm X. Ce lo spiega una tale Pamela Geller, peraltro fondatrice del gruppo Stop all'islamizzazione dell' America, che la Lega anti-Diffamazione ha definito come un hate group, ovvero gruppo che sparge odio.
Obama è il figlio di Frank Marshall Davis, un giornalista, scrittore e poeta “di sinistra” (sempre tra virgolette) morto ad Hawai, dove Obama è nato (o perlomeno fa finta di esserlo). Mmmmmh...
Sia il babbo che la mamma di Obama erano comunisti. Non solo i comunisti si accoppiano sempre e solo tra di loro, ma, si sa, il comunismo è notoriamente una malattia ereditaria.
Obama ha ricevuto un addestramento speciale per far cadere il governo americano. È un certo Andy Martin, grande fan delle teorie della cospirazione, che l'ha spiegato su Fox News.
Obama ha fatto togliere la bandiera americana dall'aereo presidenziale, anche se, a dire il vero, nessuno sembra essersene accorto.
Obama ha regalato sei isole alla Russia. Peccato che le isole Bennet, Henrietta, Jeannette, Wrangle, Herald e Copper, tutte nettamente più vicine alle coste russe che a quelle dell'Alaska, siano state date, o restituite, come uno preferisce, alla Russia durante la presidenza di George W. Bush.
Obama ha provocato la crisi finanziaria cercando di forzare le banche americane a prestare soldi all'Africa. Non incominci a trovarlo un po' subdolo anche tu, questo kenyota?
Obama ha provocato la fuga di petrolio dalla piattaforma BP che ha inquinato le coste del sud degli Stati Uniti. Il che, diciamolo pure, è una vera porcata. Tanto più che il gesto faceva parte di un vasto e non meglio precisato piano tutto teso a nazionalizzare le risorse petrolifere e ad aumentare i poteri del governo.
Obama ha provocato il ciclone Sandy qualche giorno prima delle elezioni usando un progetto segreto del Pentagono per la modifica delle condizioni climatiche. Cachicchio, e chi l'avrebbe mai detto?
Obama si è inventato la morte di Bin Laden. Ovviamente: dove sono le foto, eh? E i video?
Obama è un ipnotizzatore di massa. Se non ci credete, sappiate che ne ha parlato anche Rush Limbaugh, l'animatore della trasmissione radiofonica più ascoltata in tutti gli States.
Obama non sa scrivere e per questo si fa sempre scrivere tutto da altri, da sempre: anche le sue lettere d'amore da ragazzo se le faceva scrivere da un amico. Vergogna!!!
Attenzione però: una poesia Obama l'ha scritta, in gioventù. Ed è proprio in quella poesia che parla degli ebrei come di scimmie sottomarine mangiatrici di fichi e che copia versi del Corano.
Obama è gay. E te pareva....
Le campagne elettorali di Obama sono state pagate coi soldi della droga di cui è, ovviamente un avido consumatore.
Obama è l'Anticristo. Ooooh! E finalmente! E ci voleva tanto per arrivarci? Suvvia...
Per essere completi, segnaliamo che le notizie secondo le quali Obama è una lucertola umanoide, oppure Obama è stato su Marte grazie a un progetto segreto della CIA non hanno per ora trovato conferma, anche se non hanno mancato dal creare un certo scalpore (giuro che non me le sono inventate).
Pensa che incubo: ancora quattro anni con uno così...

mercoledì 28 marzo 2012

Un suicidio

EQUITALIA PUÒ UCCIDERE. Questa frase a caratteri cubitali è apparsa oggi sulla pagina Facebook di una mia conoscente in reazione al suicidio di un cinquantottenne immolatosi col fuoco davanti a degli uffici della Commissione tributaria della periferia di Bologna.
Un'altra conoscente ha addirittura pubblicato una foto dell'uomo in fiamme, foto sulla quale l'uomo è perfettamente riconoscibile, accompagnandola con un testo intitolato, in tutte maiuscole, NON FATE FINTA DI NON VEDERE, QUESTA È LA DURA REALTÀ.
La mia prima, spontanea e mentale reazione è stata "non diciamo cazzate…".
La seconda è stata una reazione di sdegno.
Ovviamente non posso che provare compassione per quel pover'uomo, senz'altro oberato dai debiti, che ha commesso un atto così drammatico, doloroso e definitivo. Ma che questo suo atto venga usato in modo così ripugnante è una cosa che mi offende.
Altrettanto ovviamente non sono certo un paladino di Equitalia, tanto meno una quindicina di giorni dopo aver pagato una multa dimenticata quasi il triplo del suo valore iniziale. E sono perfettamente conscio del fatto che il vortice dei debiti possa provocare disperazioni e sconforti tali da spingere qualcuno al suicidio.
Ma innanzitutto trovo ignobile pubblicare una foto come quella. E poi trovo che lanciare anatemi e maledizioni, vedi lezioni di morale completamente sopra le righe sia cadere nella trappola di una società dello spettacolo per la quale esistono solo le emozioni più immediate, a scapito di ogni forma di ragionamento.
La notizia che avevo letto sul giornale mi aveva fatto rabbrividire, come mi fa sempre rabbrividire qualsiasi suicidio dettato dalla disperazione. Ma non per questo condivido l'assurda idea che Equitalia in quanto tale possa uccidere, né accetto che mi si possa accusare di non voler vedere in faccia la “dura realtà” se non partecipo al coro dei biechi guardoni che sembrano incapaci di esprimere un'idea se non dopo essersi avvelenati con immagini raccapriccianti.
Non so chi abbia scattato quella foto, ma so che io non l'avrei fatto. E se anche l'avessi fatto in un momento di debolezza, mi sarei poi affrettato a cancellarla, vergognandomi come un cane.
La strumentalizzazione della sofferenza altrui che serve da carburante alla macchina dell'adrenalina è una delle cose che detesto di più nelle società occidentali. Non solo la foto della “realtà” non serve a niente, ma partecipa attivamente a quel processo di instupidimento e in ultima analisi di anestesia che costituisce il vero pericolo a cui siamo tutti sottoposti. Lo sanno bene i fotografi di guerra, che si trovano continuamente di fronte a dilemmi morali dai quali, per fortuna, la maggior parte escono a testa alta.
E se queste mie parole devono costarmi qualche amico, non importa.

domenica 18 marzo 2012

Una fesseria

Una spigola

Sulla Repubblica di stamattina c'è un intervista di Curzio Maltese al sindaco di Bari Michele Emiliano (http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/03/18/news/emiliano-31750326/index.html?ref=search). La ragione ne è la storia dei regali che costui, ex-magistrato antimafia, avrebbe ricevuto dai fratelli Degennaro, imprenditori recentemente indagati per “reati di corruzione, frode e numerosissimi falsi” (http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=500886&IDCategoria=1).
Secondo Emiliano, si è trattato di un pacco natalizio contenente “quattro spigole e cinquanta cozze”. Notiamo innanzitutto che secondo Il fatto quotidiano del 15 marzo scorso (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/15/appalti-regali-champagne-regali-degennaro-sindaco-emiliano/197447/) le “quattro spigole e cinquanta cozze” erano in realtà “champagne, vino e formaggi, quattro spigoloni, venti scampi, ostriche imperiali, cinquanta noci bianche, cinquanta cozze pelose, due chili di allievi locali di Molfetta e otto astici”. Lo stesso Emiliano inoltre, in una conferenza stampa (http://video.repubblica.it/edizione/bari/emiliano-e-il-pesce-nella-vasca-da-bagno/90602?video) ha parlato di “una valanga di pesce”. Sua moglie gli avrebbe detto “qui non sappiamo dove metterlo” e lui stesso, incontrando poi uno dei Degennaro, gli avrebbe spiegato: “abbiamo una parte di questo pesce nella vasca da bagno, non sappiamo cosa farne”. Si vede che le spigole si erano incrociate con dei delfini, dando vita a un aberrante modificazione genetica...
Ma non è questo il punto (anche se...).
Il punto è che, da quanto ne so io, Emiliano non mi pare uno in odore di mafia. Forse, come ha detto lui stesso, è solo uno che ha commesso una fesseria e quel regalo ittico-champagno-latticinoso è a migliaia di anni luce dalla casa pagata a sua insaputa al povero Scajola, dai soldi ricevuti dall'avvocato Mills, da quelli intascati da Luigi Lusi e dalle migliaia di mazzette che circolano ogni giorno nel nostro Bel Paese.
Ma il punto vero (ci stiamo arrivando) è che Emiliano dice a Curzi: “Io il processo me lo faccio da solo, visto che non sono accusato di alcun reato. Mi processo davanti a tutti per quattro spigole e cinquanta cozze pelose. (…) Mi condanno. Per leggerezza. Non dovevo accettare quel regalo. (…) Siccome sono una persona perbene, convinta di essere la Madonna del santuario, pensavo che chiunque mi fosse accanto non potesse non essere in buona fede. (…) Sono il primo a non sottovalutare la vicenda. Ho sbagliato. Ma sono stato un fesso, non certo un corrotto. (…) Ripeto che ho sbagliato e me ne sono assunto tutte le responsabilità”.
Quando Maltese gli chiede poi se non sarebbe meglio dimettersi, la sua risposta è “Comodo, ma non giusto. Voglio rimanere fino alla fine, mettere a frutto quello che ho imparato da questa vicenda, guardarmi attorno con più attenzione e fare pulizia, sbattere fuori dal comune di Bari chiunque si sia avvicinato a me per fare i propri affari. Poi potrò passare la mano a qualcun altro. Dubito più onesto, magari più furbo”.
Non so a voi, ma a me tutta questa storia non piace. Che uno faccia “una fesseria” e poi lo ammetta, ok. Che però il processo se lo faccia da solo e che decida di “rimanere fino alla fine” è un chiaro segno del fatto che quell'autoprocesso è risultato in un'assoluzione. E questo non mi sta bene.
Pur con la necessità di non cadere in una specie di isterico giustizialismo, mi sembra che finché andremo avanti a fare distinzioni tra i regali piccoli e quelli grossi, soprattutto se è chi li riceve che si autorizza a farla, questa distinzione, descrivendo magari come “quattro spigole e cinquanta cozze” ciò che altrove si lascia andare a definire come “una valanga di pesce” (dimenticando il resto), finché andremo avanti così le acque resteranno torbide. Il discorso secondo il quale ci sono altri che fanno cose molto peggiori può anche essere vero e giusto, però non vi sembra che sia un po' facile quando è usato per assolvere sé stessi? Se il metro con il quale si misurano le colpe, soprattutto le proprie, è sempre quello delle colpe più grandi, commesse da altri, allora è chiaro che tutti ci sentiamo automaticamente in diritto di continuare a pagare in nero, di prestarci a piccole truffe di poco conto, di dimenticare qualche dettaglio nella dichiarazione dei redditi, ecc. ecc. Il fatto che ciò che è piccolo per me sia grande per un altro e che io e quell'altro facciamo parte di una stessa società svanisce nel nulla e implica automaticamente che più uno ha, meno considera come colpa il fatto di ricevere o di dare fuori dalle regole.
Ripeto: non sono favorevole a un modo di pensare e di agire eccessivamente rigorista, credo anzi indispensabile mantenere dei piccoli spazi, se non di illegalità, almeno di para-legalità (cose “diversamente legali”, si direbbe oggi), senza i quali le nostre vite quotidiane sarebbero dominate da un'insostenibile rigidità.
Mi pare però che chi è stato eletto dal popolo ad una carica pubblica debba capire che la dignità del posto che occupa implica un rigore ben più grande di quello al quale deve sottomettersi il semplice cittadino. Mi pare che un eletto del popolo abbia quel dovere di trasparenza assoluta senza il quale le crepe che si vengono a creare nella fiducia della gente verso lo Stato e la cosa pubblica in generale non possono che aumentare giorno dopo giorno.
La domanda che dovremmo farci non è di sapere se Emiliano debba o no dimettersi, ma se il segnale che le sue dimissioni darebbero non sarebbe mille volte più utile a tutti della sua auto-assoluzione. Se Emiliano dicesse “sono stato un fesso, anche se sono un uomo onesto, ma proprio perché sono un uomo onesto mi dimetto”, non solo tutti lo capiremmo, ma tutti lo rispetteremmo, indipendentemente dalla sua appartenenza politica. Che invece dica “sono stato un fesso, ma voglio andare fino in fondo” mi dà fastidio, perché ho l'impressione che porti avanti la stessa, deleteria logica nella quale viviamo da anni e anni. E allora mi dico che Michele Emiliano, uomo onesto, fesso lo è anche e soprattutto adesso. E che forse proprio per questo dovrebbe dimettersi.

venerdì 10 febbraio 2012

Una bella ciaccona




Guardate bene questa foto. L'avete riconosciuto? Lui è Joshua Bell, che iniziò la sua carriera di solista a quattordici anni, nel 1981, con la Sinfonica di Philadephia diretta da Riccardo Muti.

Guardate bene questa foto. È impossibile capirlo, ma il violino è il “Gibson ex-Huberman”, uno Stradivari del 1713. 

Guardate bene questa foto. Neanche questo si vede bene, ma il berretto del violinista porta in rilievo il logo dei Washington Nationals, la squadra di baseball della capitale americana. Quel che si vede è che il violinista porta una maglia senza scritte, che sembra assolutamente qualunque.

Guardate bene questa foto. In primo piano c'è qualcuno in movimento, probabilmente un passante. Ha una giacca gialla e uno zaino blu. Sul fondo c'è un muro grigio, probabilmente di cemento. E quelle due forme blu appena dietro il violinista? Sono semplicemente delle pattumiere, di quelle che si vedono negli aeroporti, o nelle stazioni. 

In una stazione un concertista di fama internazionale suona su uno Stradivari del 1713 mentre c'è gente che passa. Mmmmh...

È successo a Washington, il 12 gennaio del 2007, su iniziativa del Washington Post.
Verso le 8 del mattino Joshua Bell si è messo all'interno della stazione della metropolitana L'Enfant Plaza, nel quartiere dei ministeri. Ha suonato brani delle sonate e partite per violino di Bach per 43 minuti. 1097 persone gli sono passate davanti. La prima che si è fermata per almeno un minuto l'ha fatto dopo tre minuti di musica. Pochi istanti dopo, il primo dollaro è stato messo nella custodia aperta del violino ai piedi di Bell.
In tutto, 7 persone (su 1097) si sono fermate almeno un minuto; 27 hanno messo dei soldi nella custodia; il guadagno totale di Bell è stato di 32 dollari.
Non voglio trarre conclusioni facili e affrettate da questo aneddoto. Mi limiterò a tradurre la parte secondo me più interessante dell'articolo che il Washington Post dedicò all'avvenimento.

Kant prendeva sul serio la bellezza: nella sua Critica del giudizio sostiene che la capacità di apprezzamento della bellezza è legata alla possibilità dell'individuo a dare giudizi morali. Paul Guyer, dell'Università della Pennsylvania, autorevole studioso di Kant, sostiene che secondo il filosofo per apprezzare la bellezza è necessario godere di condizioni ottimali di osservazione.
"Ottimali — sostiene Guyer — non vuol dire dirigersi verso il proprio posto di lavoro, pensare al rapporto che si dovrà fare al capo e magari anche alle scarpe che ci stringono troppo i piedi".
Quindi se Kant avesse visto tanti passanti indifferenti davanti alla prestazione di Joshua Bell in metropolitana?...
"Li avrebbe perfettamente capiti", dice Guyer.
Tutto qui.
Ma non è tutto qui. Per capire davvero quel che è successo bisogna riguardare il video dall'inizio e tornare al momento in cui l'archetto di Bell tocca le corde. 
Un giovane bianco, pantaloni chiari, giacca di cuoio. La trentina. John David Mortensen è quasi alla fine del suo tragitto quotidiano in autobus e metropolitana che da Reston lo porta a Washington. È sulla scala mobile. È una scala lunga, ci vogliono un minuto e quindici secondi per arrivare in cima stando fermi. Quindi, come tutti quelli che passano poi davanti a Bell, Mortensen sente la musica per un lungo momento prima di vedere il musicista. Come la maggior parte dei passanti trova il suono gradevole. Ma contrariarmente alla grandissima maggioranza dei passanti non se ne va via appena arrivato in cima come se Bell fosse un disturbatore da evitare. Mortensen si ferma.
Non che non abbia nient'altro da fare; oggi deve partecipare a una riunione mensile sul budget, che è lungi dall'essere la parte più entusiasmante del suo lavoro: "Dobbiamo rivedere le spese del mese precedente, prevedere quelle del mese a venire, decidere dove andranno gli X dollari di cui disponiamo, quel genere di cose..."
Sul video si vede Mortensen che viene dalla scala mobile e si guarda attorno. Reperisce il violinista, si ferma, se ne va, ma poi si gira. Guarda l'ora sul telefonino — si accorge che ha tre minuti di anticipo — e si appoggia a un muro ad ascoltare.
Mortensen non conosce per niente la musica classica; tutt'al più il rock classico. Ma c'è qualcosa in quello che sente che gli piace davvero.
Per caso è arrivato proprio nel momento in cui Bell inizia la seconda parte della "ciaccona". (La ciaccona è l'ultimo movimento della partita n°2 in re minore per violino di Bach, considerato uno dei pezzi più difficili per violino della storia della musica; la nota è mia). ("È il momento — sostiene Bell — in cui la musica passa dalla chiave minore e oscura alla maggiore con un sentimento di esaltazione religiosa"). L'archetto del violinista si mette a danzare; la musica si fa rapida, gioiosa, teatrale, grande. 
Mortensen non sa cosa voglia dire maggiore o minore: 'Qualsiasi cosa fosse, mi ha dato un sentimento di pace.'
Per la prima volta in vita sua Mortensen si ferma ad ascoltare un musicista di strada. Rimane per i tre minuti che ha a sua disposizione, mentre 94 persone gli passano rapidamente davanti. Quando si allontana per andare a discutere del budget mensile del ministero dell'energia fa un'altra cosa per la prima volta: senza sapere cosa sia successo, ma sentendo che si è trattato di qualcosa di speciale, John David Mortensen dà dei soldi a un musicista di strada.

Tre giorni prima di suonare nella metropolitana di Washington, Bell aveva riempito la sala della filarmonica di Boston, dove un posto costava in media 100 dollari.

 
Non trovando su YouTube la Ciaccona suonata in condizioni “normali” da Bell, vi metto qui la versione di Shlomo Mintz, che mi piace assai: http://www.youtube.com/watch?v=myq8upzJDJc

Già che ci siamo: la ciaccona è all'origine un tipo di danza, forse spagnola, poi una forma musicale (in ¾) derivata da quella danza.

Ancora una frase da usare durante una cena quando nessuno sa più cosa dire: "L'altra sera pensavo a una ciaccona e mi sono detto (ecc. ecc., ad libitum).